di Alveno Grani

Davide Lazzaretti e il monte Amiata.
Protesta sociale e rinnovamento religioso. Atti del Convegno (Siena e Arcidosso, 11-13 maggio 1979)”
a cura di Carlo Pazzagli
pp. 396
24 cm
Firenze, 1981
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Ho conosciuto il maestro Aldo Morelli come tutti a Montalto, di lui ho il lontano ricordo di quando per una breve supplenza è stato il mio insegnante in prima elementare.
Dei suoi libri donati alla biblioteca comunale, ho letto fra gli altri: Davide Lazzaretti e il Monte Amiata.
Un libro che prende in esame la realtà economico e agraria amiatina del primo decennio dell’Unità d’Italia.
La figura chiave della storia è quella di Davide Lazzaretti, un carrettiere nato ad Arcidosso nel 1834 da una famiglia contadina.
A 14 anni gli apparve per la prima volta un uomo con la barba bianca vestito con una tunica chiara, visione che gli apparirà più volte nel corso della vita, e che lui identificò come San Pietro.
Lazzaretti continuò a fare il carrettiere, si sposò ed ebbe cinque figli.
Nel 1868 il vecchio gli apparve in un sogno esortandolo a recarsi dal Papa per esporgli la sua missione; Davide si recò a Roma senza però riuscire ad incontrare Pio IX.
Tornato ad Arcidosso è ribattezzato “il Profeta dell’Amiata”, fra il 1870 e il 1872 fondò tre istituti religiosi. Inizialmente con il consenso della Santa Sede che vide in lui un mezzo per contrastare il nuovo stato italiano appena sorto, ma ben presto capì che non era un personaggio gestibile.
Sulla cima del Monte Labbro fondò la nuova Chiesa Giurisdavidica in cui i tratti cristiani si mescolavano con un utopistico socialismo: la società delle Famiglie Cristiane. Una società dove i capitali, gli attrezzi, il bestiame venivano inventariati nominativamente e conferiti a vantaggio comune, insieme ai raccolti; oppure restituiti con gli interessi, in caso di dismissioni. Si doveva tenere buona condotta, vigilare sui figli e riprenderli nella severità dei costumi. Aveva così creato, in miniatura, una autentica repubblica giurisdavidica nel regno eterno di Dio. Repubblica destinata, a suo avviso, ad estendersi fra tutti i popoli civili della terra, dove avrebbero potuto fondersi armoniosamente lo Stato e la Chiesa. La società che contava molti seguaci, aveva anche fondato una scuola per i ragazzi ed una per gli adulti. Cosa straordinaria per l’epoca, anche le donne avevano diritto di voto.
La sua attività mise in allarme sia lo Stato italiano che il Vaticano. Nel marzo del 1878, il Santo Uffizio lo condannò come eretico e lo scomunicò. La mattina del 18 agosto dello stesso anno, alla testa di una processione di circa tremila persone, alcuni solo curiosi provenienti dalle vallate vicine, scese il Monte Labbro verso Arcidosso. Ad attenderli trovò una pattuglia di carabinieri ed un militare che ufficialmente non era in servizio, il bersagliere in licenza Antonio Pellegrini; fu proprio lui a colpire a morte Lazzaretti. Altri spari furono diretti sulla folla inerme facendo altri tre morti ed una quarantina di feriti.
Finì così l’avventurosa storia di Davide Lazzaretti.
di Alveno Grani