Il maestro di Tutti

di Adriano Leonardi

Tutti in paese lo chiamavano il “Maestro Morelli” perché aveva fatto il maestro elementare per tanti anni, ma non solo. Lui continuava infatti ad insegnare sia le materie scolastiche di sostegno agli esami dei giovani, sia ogni genere di conoscenza a chiunque si rivolgesse a lui per consigli e pareri di ogni genere.

 Era un uomo colto. Era padrone di ogni genere di disciplina, dal latino alla storia, dalla politica al costume, dalla moda al teatro. Leggeva molto. Dai quotidiani ai testi scientifici e letterari.

Mi trovai presente quando alcuni operai, che seguivano alla “Centrale” un corso da ferraiolo, dichiararono al Maestro di non aver compreso la piegatura dei ferri secondo la direzione di un lato di un immaginario triangolo. Chiesero infatti a lui cosa fosse la “potemusa” di questo triangolo.

Un paesano sui sessant’anni gli chiese incrociandolo “per caso” in strada, perché non uscisse alcun liquido dal suo “organo” durante il rapporto intimo con la moglie. Lui molto semplicemente, con quella sua voce pacata e profonda, gli rispose di farsi visitare la prostata in quanto il suo “prodotto organico” prendeva la strada più comoda verso la vescica.

Per questo tutti lo ammiravano e pendevano dalle sue labbra, di qualsiasi argomento parlasse. Restavano però sbigottiti e mai si abituarono nel vedere a volte il Maestro uscire di casa al mattino vestito di tutto punto col suo lungo loden beige, cravatta in tinta e cappellone a falde larghissime, per andare in edicola a prendere i suoi tre giornali quotidiani, mentre in altre circostanze vedevano Aldo seguire un funerale indossando un vistoso gilet confezionato cucendo insieme decine di cravatte di ogni colore e fantasia.

Forse era un esibizionista o forse, con la sua mente sgombra da ogni pregiudizio, dava agli eventi quotidiani il valore che meritano, più vicino possibile alla natura delle cose e alle necessità precipue dell’uomo.

LA SUA RELIGIONE

Morelli non era fedele ad alcuna confessione religiosa.  Frequentava la Chiesa, i Sacerdoti ed i cittadini devoti soltanto per dovere di incarico – ereditato da suo padre – di “Priore” della Confraternita del Gonfalone. Partecipava di mala voglia ad ogni consesso del sodalizio che spesso si teneva con grande solennità.

fotografia di Franco Reggi

Raccontava che all’inizio di ogni riunione doveva stabilirsi il tempo da dedicare alla preghiera prima di dare inizio alle discussioni. Alcuni confratelli proponevano un minuto di preghiera preliminare, chi invece giustificava almeno cinque minuti, chi indicava infine la necessità di pregare un quarto d’ora.  Si alzò in piedi un confratello originario della provincia di Frosinone dichiarando che al suo paese prima di simili riunioni si pregava per un’ora.

 Ci raccontò il Maestro che a questo punto non ne poteva più e intervenne con celata ironia complimentandosi della proposta di pregare per un’ora. Giustificò il suo consenso affermando che solo così, alzandosi tutti in piedi, avrebbero potuto prendere per le gambe lo Spirito Santo aiutandolo a discendere su di loro.

Mantenne la carica soltanto perché si espletava il servizio di aiutare le persone e le famiglie bisognose.  Abbandonò il sodalizio quando si trovò in contrasto con gli altri confratelli che ingiustamente valutavano il bisogno dei poveri direttamente proporzionale alla loro fede religiosa.

LA SUA POLITICA

È impossibile immaginare il Maestro Morelli come seguace di una qualsiasi dottrina, figuriamoci poi vederlo aderente ad un partito politico.  Era però un grande conoscitore della storia politica nazionale e seguiva con interesse gli avvenimenti della politica locale e generale.

È vero che fu eletto Consigliere comunale in uno schieramento di sinistra, ma poco partecipò per ovvie divergenze nel collocare le sue idee politiche in un programma amministrativo di un partito organizzato colmo di regole e compromessi.

Qualcuno lo definiva un comunista-rivoluzionario-anarchico. Ma questo è inconcepibile di fronte al suo carattere conciliante, generoso e pronto a riconoscere la validità delle ragioni altrui. Però sono pronto a sostenere che spesso trasparivano in lui le profonde radici avvezze al comando, mitigate però dalla profonda fede verso l’uguaglianza sociale.

fotografia di Franco Reggi

Ci raccontò di un pranzo dopo un congresso politico del PSUP in un albergo a San Martino al Cimino. Finito di mangiare lui si avviò alla cassa per pagare la sua quota. Possiamo figurarci lo scompiglio che generò tra i suoi Compagni che cercavano di impedirgli di commettere un’ingenuità inutile perché ovviamente era tutto pagato dal partito.

Forse il partito del Maestro Morelli deve essere ancora costituito, alla base del quale è sicuramente posta l’onestà assoluta e la molla della dedizione anima e corpo al servizio di ogni cittadino.

L’AMORE PER LA STORIA DEL TERRITORIO

Nutriva una curiosità compulsiva verso le figure di un passato recente che in qualche modo secondo lui determinarono in questi luoghi lo svolgimento della storia e la formazione delle coscienze. Frati pellegrini, Conti e Marchesi, i Papi del ’700, San Paolo della Croce, molti Sacerdoti della Parrocchia e molti altri dei quali non ho conoscenza per la mia diversa origine.

Il Maestro approfondì caparbiamente le vicende di Domenico Tiburzi, delle quali divenne divulgatore apprezzato e stimato dal più grande conoscitore del territorio qual era il mancianese Alfio Cavoli. Alfio era un “topo d’archivio”. I suoi libri, […], rappresentano la scarna verità storica di questi luoghi senza aggiunte di fantasia. Le leggende le chiama col proprio nome e le lascia all’immaginazione.

Loro due, “pregni” della storia locale e vogliosi di trasmetterla agli altri, frequentarono assiduamente i Centri Culturali di numerosi borghi di questa Maremma, da Manciano a Pitigliano, da Cellere a Farnese, Valentano, Capalbio, ecc.

Riunioni interessanti, a molte delle quali anch’io partecipai con interesse, dove intervenivano vecchi personaggi a raccontare storie vissute dai loro padri e nonni sulle vicende e sulla vita grama di quei luoghi. Emergeva da quei racconti l’innata dignità di quegli uomini a sopportare la miseria. Miseria dovuta alla cattiva gestione del latifondo da parte di pochi “signorotti” incuranti della vita del bracciantato sottoposto. Come non restare affascinati da chi a tale situazione cercò di opporsi con ogni mezzo allora possibile.

Le vicende del “Brigante Tiburzi” sono note a tutti. Molti racconti popolari lo identificano addirittura ad un moderno “Robin Hood” per aver aiutato spesso famiglie bisognose. Forse è vero com’è vera la violenza della sua vita da braccato alla macchia per oltre trent’anni.

A proposito di Tiburzi, il Maestro Morelli il giorno 24 ottobre del 1996 fissò una targa sotto la finestra di casa sua che dava sulla piazzetta sottostante del rione “Terravecchia”, con la scritta:

Piazzetta

Domenico Tiburzi detto Domenichino

Brigante (1836-1896)

Io stampai il cartone da applicare coll’intento del Maestro di sollecitare il Comune a dare finalmente un nome ad uno spazio pubblico che allora ne era privo.

Successe il finimondo. Intervennero gli Amministratori comunali col Sindaco in testa e addirittura i Carabinieri armati col Maresciallo al comando. In pochi minuti il quartiere di Terravecchia divenne il centro della protesta contro un semplice gesto provocatorio che al massimo avrebbe dovuto pagare la tassa sulle insegne.

Nessuno capì l’intenzione del Maestro Morelli di voler celebrare la ribellione del popolo affamato contro l’oppressione di una classe sociale prepotente. Mi meraviglio di quei politici di sinistra e capisco i Carabinieri che forse commisero l’errore, come si racconta, di uccidere un vecchio disarmato fuori la porta del casale circondato alle Forane.

Come possiamo meravigliarci del gesto di Aldo quando leggiamo spesso i nomi di altri “briganti” incisi in pubbliche targhe di marmo?

L’AMORE PER QUESTO PAESE

Questo paese rappresentava per Aldo Morelli il centro del suo universo. La storia di Montalto, benché lui fosso grande conoscitore di ben più gloriose storie del passato, per lui configurava in questo luogo l’evoluzione del cittadino modellata dalla unicità dei periodi che hanno caratterizzato nel tempo il territorio.

Non so come spiegarlo. Per il Maestro qui la storia è molto più “leggibile” che in altri luoghi della Maremma.

Fece di tutto per risvegliare l’orgoglio cittadino dal torpore e dall’indifferenza che annullavano i tentativi di qualche volenteroso di promuovere un’attività pubblica. Nessuno ovviamente provava di nuovo a fare qualcosa che potesse interessare e rappresentare l’unicità del Borgo e dei suoi abitanti.

Parlando tra amici di tale situazione di degrado culturale e di isolamento verso cui andava questa città, il Maestro si inventò la suddivisione del territorio in “Contrade” per generare interesse ad una conseguente competizione culturale, benché non vi fosse traccia di contrade nella storia medievale di questo Borgo.

Tutti ci prodigammo per aver forse trovato la soluzione al problema nell’interesse di creare qualcosa di veramente nuovo e importante.

La storia, i colori ed i nomi delle “Contrade” non sono affatto inventate, rappresentano la vera storia dei luoghi con nomi e colori aderenti ai toponimi dei siti ed alle tonalità del significato dialettale dei luoghi stessi.

Il quartiere di Terravecchia divenne il centro operativo del programma. Furono cuciti fantastici costumi dell’epoca a casa di “Ilvana”, lì nella stanza a piano terra. Ci recammo addirittura al “Palazzo Farnese” a Caprarola per fotografare i personaggi del ’500 sugli affreschi delle stanze papali, per imitare quelle stoffe e quei vestiti nelle rievocazioni storiche che sarebbero state poi organizzate.

Tutto iniziò con grande entusiasmo. Già cominciarono le rivalità tra i quartieri per rivendicare i confini. Magnifico, ma durò poco, qualcosa resta ancora ma bisogna intervenire presto per non disperdere una iniziativa che risvegli la flebile voce del campanile, a vantaggio sicuramente di un turismo che scende troppo verso una battigia con frangenti sempre meno schiumeggianti.

IL PIACERE PER LE COSE BUONE E BELLE

Il Maestro amava le donne non c’è dubbio. In ogni discorso che si faceva tra amici sull’amore, sacro o profano che fosse, traspariva evidente in lui la piena esperienza sull’argomento.

Quando io conobbi Aldo, lui dichiarava spesso che ormai aveva raggiunto la “pace dei sensi”. Chissà se era la verità. Molte chiacchiere venivano diffuse in proposito a smentire l’assunto.

Aldo Morelli conosceva bene i piaceri della vita a tal punto da costituire una Enciclopedia ambulante consultabile da chiunque avesse interesse a tale argomento.

Imparammo da lui il significato rappresentato dal “Vino” nella vita dell’uomo. 

La lezione iniziava dal Vangelo e dalla “vigna” cara al Signore, proseguiva con l’immagine dal sacro terreno sciolto e profondo necessario a determinare quella trasparenza dell’acino voglioso della luce del sole. Come non provare a questo punto compiacimento nel vedere l’amore di quei batteri, piccoli esseri viventi, nel trasformare i preziosi zuccheri alla giusta temperatura e nel luogo e per il tempo stabiliti dalla natura.

Noi, suoi amici allora ignoranti, conoscemmo da lui la verità sulla storia e sulle qualità del vino.  Non fu facile, abbisognò di molte “sedute specialistiche”.  Da queste sedute infine potemmo conoscere i luoghi della qualità dove ogni operazione lì svolta era sicuramente degna delle nozze evangeliche.

Da quelle riunioni conviviali potrebbe scriversi un trattato di cucina. Non è questo il luogo certamente.

Secondo me da tutto ciò che riguarda questo aspetto della vita del Maestro Morelli, si può dedurre un ulteriore sprone rivolto ai giovani affinché assumano grande conoscenza delle cose, imparino a memoria i limiti che la natura pone per la nostra felicità, prima di buttarsi a capofitto nell’ignoranza più becera.  

I CANTI POPOLARI

Finiamo questa rassegna di ricordi del compianto amico Aldo Morelli con la musica che lui amava.

 Mi commuovo ancora ricordando la voce brillante della Pampanini che cantava “Maremma amara” nella calda platea di “Piazza Padella”.

Al termine di ogni riunione, di ogni convivio, in qualsiasi Borgo di questa Maremma, con la presenza del Maestro, dopo aver ascoltato vecchie storie ed aver sentenziato sulle verità della vita, si finiva naturalmente ad intonare canzoni popolari, stornelli a braccio e strofe di brani di Modugno o di Tenco.

I canti popolari risvegliano nostalgia a chi sta lontano, è vero, ma rafforzano soprattutto le radici di quei giovani ai quali nessuno ha detto che l’amore per la propria terra rende gli altri invidiosi e soli. 

L’insegnamento del Maestro Morelli a mio modesto parere, per averlo conosciuto soltanto negli ultimi anni, è quello di celebrare con massima frequenza, mezzo ed impegno la storia del paese.

I giovani hanno bisogno della stima di se stessi e dei propri meriti derivanti da una società coesa e orgogliosa.

            […]

17.11.2014

Adriano Leonardi

            *(Questo scritto di Adriano Leonardi mi è stato spedito nel 2014. Il testo è stato, in gran parte, parafrasato durante l’evento tenutosi nella sede del Centro Diurno per Anziani a Regina Pacis, Montalto di Castro, nel Marzo 2016. Daniele Mattei)